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Parla Barbieri, Confcommercio: “La festa dei tifosi a Milano? Schiaffo ai sacrifici di un anno”

Parla Barbieri, Confcommercio: “La festa dei tifosi a Milano? Schiaffo ai sacrifici di un anno”

06 Maggio 2021- L'Intervista di Alessandro Banfi a Marco Barbieri

 

Il suo post su Facebook ha fatto il giro dei giornali italiani. «La gioia dei tifosi interisti», ha scritto domenica sera, “a caldo”, «è più che comprensibile, lo dico da tifoso (seppur di un'altra squadra). Mi chiedo però perché a Milano, in Darsena o in Brera, sia necessario transennare le vie per evitare assembramenti e veicolare i flussi di persone e in piazza del Duomo possano riversarsi in migliaia in modo incontrollato». Marco Barbieri, 46 anni, brillante segretario generale di Confcommercio Milano, non le ha mandate a dire. In un panorama sconfortante, segnato dal silenzio e dall’imbarazzo dei più. Con il sindaco di centro sinistra Beppe Sala che si è scusato per aver urtato la “sensibilità dei cittadini” e i leghisti, teoricamente all’opposizione, che sono apparsi questa volta molto timorosi nelle critiche. Mentre “la pretesa di immunità di quella piazza”, come ha giustamente notato oggi sul Corriere della Sera Paolo Giordano, non ha niente a che vedere con i commercianti in difficoltà economica da più di un anno.  Barbieri ce l’ha molto chiaro e mette in guardia tutti, in questa intervista con 10alle5 Quotidiana, anche in vista del prossimo fine settimana, dove è annunciato un nuovo raduno di tifosi.

Barbieri, siete stati tra i pochissimi, domenica sera, ad esprimere forte contrarietà per quello che era accaduto con la festa dei tifosi…

Marco Barbieri: La nostra polemica è stato subito diretta ed esplicita contro quelle 30 mila persone che hanno invaso il centro di Milano senza alcuna misura di protezione e distanziamento. Innanzitutto per senso civico, perché non si può essere responsabili per più di un anno e poi sentirsi liberi da ogni impegno per una festa sportiva. E poi per una questione di equità sociale: non si può ignorare totalmente quello che hanno sofferto, e stanno ancora soffrendo, tantissimi cittadini e imprenditori per l’emergenza Covid 19. Per quale motivo un commerciante deve assumere misure di sicurezza, se non addirittura chiudere, la propria attività per impedire gli assembramenti e poi stare in silenzio, accettare che 30 mila persone, tutte assieme, ignorino del tutto ogni precauzione?

C’è chi dice: aspettiamo a vedere se sale l’Rt, il tasso di contagio…

Barbieri: È un discorso folle. Non abbiamo bisogno di aspettare le conseguenze peggiori per dire che quel comportamento è rischioso e può essere devastante. Noi come commercianti abbiamo accettato misure ferree in questo periodo: transennamenti in Darsena, barriere in Galleria, sbarramenti in Brera, numero dei clienti contingentato nei locali. Non siamo esponenti delle forze dell’ordine o tecnici. Non ci permettiamo di dire che cosa le forze dell’ordine devono o non devono fare. Abbiamo posto semplicemente la domanda alle autorità cittadine: perché lasciare questa totale libertà?

Anche perché se la Lombardia torna in arancione, diventa un danno per tutti. O no?

Barbieri: Il meccanismo di chiusura degli esercizi scatterebbe automaticamente. Con tutte le conseguenze che possiamo immaginare. Diciamoci la verità: coloro che hanno veramente pagato questa pandemia sulla propria pelle sono i commercianti. Siamo stati chiusi come “fonte di assembramento”.

Adesso si prevede una nuova festa dei tifosi interisti sabato sera, ma questa volta si sta studiando un piano per impedire il “liberi tutti”. Lo trova giusto?

Barbieri: È la riprova che le nostre critiche non erano campate per aria. Evidentemente adesso le istituzioni si stanno preoccupando, correttamente si pongono delle condizioni.

Al di là della polemica sulla festa per lo scudetto come evento di super contagio, qual è la situazione del commercio a Milano?

Barbieri: Il nostro Ufficio Studi di Confcommercio ha stimato una ripresa dal 26 aprile, quando siamo tornati in zona gialla a Milano, di più 266 milioni di fatturato in un solo mese. È chiaro che il dato dà il senso dell’importanza della riapertura dei pubblici esercizi, in particolare ristoranti e bar. Ma è ancora una ripresa col freno a mano tirato. Per alcuni motivi. Il primo: il limite delle attività solo all’esterno. Su 9mila esercizi milanesi, bar e ristoranti, solo 4500 hanno l’occupazione del suolo pubblico. La metà non lavora. Con la zona gialla classica, prima lavoravano tutti: all’aperto ma anche al chiuso. Il secondo: i posti nei dehors sono in media di numero inferiore a quelli dentro. Terzo: ci si è messo anche il cattivo tempo atmosferico…

Si dice sempre: bar e ristoranti sono una spesa voluttuaria. Non aiutano il resto del sistema economico…

Barbieri: Non è vero. I dati dimostrano che bar e ristoranti creano un indotto importante per le altre attività commerciali: a cominciare dai negozi di abbigliamento. Gli ultimi studi valutano l’incremento degli affari  dei negozi no food fra il 25 e il 30 per cento quando i pubblici esercizi sono aperti. Il fattore che attrae la gente, i clienti, in giro la sera, è soprattutto la somministrazione di cibo e bevande. Penso anche ai cinema, ai teatri, ai Musei.

Qual è la richiesta urgente dei commercianti oggi?

Barbieri: L’aiuto più importante del Governo è lasciar lavorare le imprese dopo un anno e mezzo di divieti e chiusure. L’altro sostegno è che realmente vengano dati ristori rispetto ai cali reali di fatturato, calcolati sull’anno e non sulle medie mensili. Abbassare quella soglia minima del 30 per cento del fatturato, al di sotto della quale lo Stato non dà nulla. Portarla almeno al 20-25 per cento. Per evitare che arrivi il fallimento prima dell’eventuale ristoro.

 

A cura di Alessandro Banfi