stefano granata

Parla Granata: “La domanda è di umanità, non di soli prodotti”

Parla Granata: “La domanda è di umanità, non di soli prodotti”

11 Novembre 2021- L'Intervista di Alessandro Banfi per 10alle5 Quotidiana a Stefano Granata, fondatore di Spazio Aperto e presidente di Federsolidarietà

 

Sono passati trent’anni dall’approvazione della legge, la 381 del 1991, che ha riconosciuto validità alle imprese sociali cooperative e che ha fatto fare un salto di qualità al terzo settore in Italia. 10alle5 Quotidiana ne parla con Stefano Granata, milanese, fondatore, ancora prima di allora, della cooperativa sociale Spazio Aperto, fondata “per l’inclusione lavorativa dei ragazzi che uscivano dalla tossicodipendenza”. È partito dal Giambellino, il quartiere della periferia dove in quegli anni il nemico vero, per quelli della sua generazione, si chiamava eroina. Oggi Granata è presidente di Federsolidarietà, la sigla di Confcooperative che unisce 6.500 coop sociali che danno lavoro a 250mila fra donne e uomini, di cui 18mila fragili o svantaggiati. “Il più grande aggregato di rappresentanza che c’è in Italia”, dice con orgoglio Granata. Il fatturato è di 8 miliardi di euro. Senza profitti però. “Se ci sono degli utili restano nel patrimonio delle coop, che li possono reinvestire. Ma non dare dividendi ai soci, questo significa no-profit”, aggiunge.

 

Trent’anni dopo possiamo dire che quella legge è stata importante…

Stefano Granata: Importante perché è stato possibile da allora per l’amministrazione dello Stato valorizzare e anche, diciamolo, utilizzare un welfare che veniva dal basso. Nato come volontariato e aiuto reciproco, in momenti e luoghi della società dove c’era un vuoto e una grande richiesta di aiuto. Lo Stato poteva aiutarlo a crescere, a darsi una struttura organizzativa. Cosa che è accaduta.

 

Il territorio è la vera sede del welfare diffuso… 

Granata: È una consapevolezza che c’era anche in passato ma la pandemia ha reso cosciente anche il cittadino (e non solo l’addetto ai lavori) di questa realtà. Pensiamo a tutti i presidi locali, alla rete sanitaria di cui si è avvertita l’esigenza in ogni quartiere. La prossimità diventa qualcosa di indispensabile per il cittadino. Non a caso si parla della città in 15 minuti. È anzi interessante notare come, nella crisi, la più ampia richiesta di senso comprenda anche l’aspetto sociale e non solo di consumo commerciale.

 

Che tipo di attività svolgono queste coop sociali?

Granata: Si dividono in due grosse tipologie: il tipo A che riguarda i servizi alla persona, da quelli assistenziali a quelli educativi. E poi c’è il tipo B che sono invece coop che stanno sul mercato con le attività più disparate, oggi molti si sono concentrati sui temi ambientali dell’agricoltura sociale e della mobilità. La peculiarità è che tutte le nostre realtà imprenditoriali hanno almeno il 30 per cento dei lavoratori riconosciuti “fragili”. Tutte persone che altrimenti non troverebbero lavoro. In questa fase debbo dire che c’è anche molta innovazione e creatività: le cooperative stanno riscoprendo la loro identità profonda, quella di generare novità dal basso.

 

È l’incarnazione del principio di sussidiarietà…

Granata: Oggi la cooperazione sociale non è solo sussidiaria nei confronti dello Stato ma condiziona anche altri soggetti del mercato. Penso alle tante collaborazioni con aziende profit, che però hanno l’esigenza di apparire responsabili socialmente e sostenibili di fronte ai loro tanti clienti. Oggi il dialogo con i privati e con lo Stato è molto più complesso e molto più aperto.

 

I clienti “votano” col loro portafoglio, come dice il prof Leonardo Becchetti, nel senso che richiedono alle aziende un’etica dei loro comportamenti…

Granata: è una tendenza mondiale. Ruota tutto attorno al tema della sostenibilità, che non è solo quella economica o ambientale, ma quella sociale. Le grandi imprese sanno bene che i loro prodotti vengono scelti dal consumatore non solo per la bontà, ma per come hanno dimostrato di poter contribuire al bene comune.

 

Che valore ha l’impegno con le edicole di Quotidiana, anche quelle possono essere un esempio di welfare sul territorio?

Granata: Siamo in una fase di passaggio, “liquida”, dove i luoghi tradizionali di ritrovo e aggregazione della città non attirano più le persone. Ma non è ancora chiaro quali siano i nuovi punti… Possono certo essere le edicole di nuova generazione, in quanto capaci di offrire senso e dialogo con le persone. Le donne e gli uomini non cercano solo il prodotto da acquistare. Accanto ad esso cercano un valore aggiunto, che è fatto di legami umani, di senso, di prossimità, di partecipazione e di sostenibilità. Per questo partecipiamo all’avventura delle nuove edicole di Quotidiana, alla ricerca di un vero contatto sul territorio con la gente.

A cura di Alessandro Banfi