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Parla Ceccanti: “Perché il doppio Draghi è solo una provocazione”

Parla Ceccanti: “Perché il doppio Draghi è solo una provocazione”

04 Novembre 2021- L'Intervista di Alessandro Banfi per 10alle5 Quotidiana al costituzionalista del Pd sull’idea del ministro Giorgetti
La corsa al Quirinale: 10alle5 intervista il costituzionalista del Pd sull’idea del ministro Giorgetti

 

Mancano ancora due mesi. Eppure la corsa al Quirinale per eleggere il successore di Sergio Mattarella è già iniziata e anzi in questi giorni sembra essere entrata nel vivo. Silvio Berlusconi ha incontrato gli alleati Meloni e Salvini per concordare “unità” nella strategia e non nasconde l’ambizione a trovarsi i voti per una sua elezione. Giuseppe Conte è sembrato voler scartare un’ipotesi di candidato del Pd, Gentiloni o Bindi che fosse, avanzata da più parti, pur confermando la disponibilità dei 5 Stelle per Draghi al Colle, evitando però le elezioni anticipate. Ma l’uscita meno aspettata e più rumorosa è stata quella del ministro leghista Giancarlo Giorgetti. Giorgetti, parlando con Bruno Vespa, ha adombrato un Draghi al Colle “in un semipresidenzialismo de facto”. 10alle5 Quotidiana ne ha parlato con Stefano Ceccanti. Ceccanti è un costituzionalista, di mestiere prof universitario, ma è anche deputato del Partito democratico. Per spiegare che cosa sta succedendo ha paragonato la dichiarazione di Giorgetti alla “sentenza suicida” di un giudice che in una Corte non ne condivide una decisione…

Ci spiega questa immagine?

Stefano Ceccanti: Quella di Giorgetti è apparsa come una "sentenza suicida", ossia, lo dico per i non addetti ai lavori, come quella di un estensore in un collegio giudicante che non ne condivide l'esito e che la scrive in modo che poi cada nei passaggi successivi. Penso che in realtà anche Giorgetti sappia che è di gran lunga preferibile lasciare Draghi a Palazzo Chígi.

Qual è allora il vero obiettivo del ministro leghista?

Ceccanti: Sono convinto che sia quello di mantenere la Lega al Governo. Così il Carroccio può avere un profilo moderato ed europeista, e insieme influenzare scelte decisive, come quelle sul Pnrr, che interessano da vicino i ceti produttivi del Nord. Ma per tenere la Lega al governo ci vuole Draghi al governo. Perché fin qui tutti coloro che dicono di voler mandare il presidente del Consiglio al Quirinale, non ci spiegano come vorrebbero continuare con la stessa maggioranza. Non ci spiegano chi possa essere il presidente del Consiglio dopo Draghi. In questo senso, Giorgetti usa argomenti un po’ confusi ed estremi perché in realtà vuole che Mario Draghi resti a Palazzo Chigi. E Sergio Mattarella al Quirinale.

Secondo lei è impossibile spostare queste due personalità super partes dai loro ruoli attuali?

Ceccanti: Molto, molto difficile. Si è creato un equilibrio che nessuno può garantire resti immutato con altri protagonisti.

Non è una forzatura chiedere a Mattarella di restare altri sette anni?

Ceccanti: Non mi pare. Abbiamo un precedente, quello di Giorgio Napolitano, in cui chiedemmo di restare ad un Presidente che allora aveva 88 anni e non stava bene di salute. Eppure alla fine fu votato e con convinzione da tutti. Capisco l’obiezione di chi dice che affidare la stessa carica di vertice per 14 anni di fila ad una persona è molto gravoso, ma non vedo alternative. Parafrasando Brecht, beato il Paese che non ha bisogno di tenersi stretto un Presidente di garanzia come Mattarella.

Siamo ancora un Paese fragile nelle relazioni economiche e internazionali. Basta un po’ di nervosismo sui mercati per via dell’inflazione, come accaduto nei giorni scorsi, e lo spread torna subito a 132…

Ceccanti: Per quanto si possa espandere il ruolo del Presidente della Repubblica, nel nostro ordinamento è impossibile che il Capo dello Stato vada, faccio un esempio, al Consiglio Europeo e prima ne discuta in Parlamento, com’è invece doveroso e fra l’altro obbligatorio per le regole europee. Un Presidente della Repubblica non lo potrebbe fare, per la divisione e l’autonomia dei poteri. Lo dico anche a chi, diciamo in buona fede, prende in considerazione l’ipotesi di Giorgetti. Che, ripeto, secondo me vale come una provocazione un po’ “suicida”.

A cura di Alessandro Banfi