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La Versione del Venerdì. La scuola ricomincia dopo la DAD e prova a rinascere

La scuola ricomincia dopo la DAD e prova a rinascere

10 Settembre 2021- La Versione del Venerdì di Alessandro Banfi

In questo venerdì di settembre la Versione è dedicata ad un mini Forum, sollecitato dall’intervento di Daniele Grassucci fondatore di Skuola.net nell’Altra Versione. Tre veloci contributi, ricevuti nei giorni scorsi, che fanno riflettere e che ci dicono, fra l’altro, una cosa importante: non c’è nulla che possa sostituire la passione dei docenti. Senza di essa, senza il loro continuo mettersi in gioco, non c’è la scuola. Finita la Dad, è il fattore umano a pesare di più.

Lucio Battistini, docente di Roma:

Nella mia carriera ho incontrato professori bravissimi e dei veri nullafacenti ( ad essere buoni ), ma il dramma vero è determinato per la gran parte dalla burocrazia ministeriale che crea ordinanze e leggi che stanno distruggendo la scuola e il sapere dei nostri ragazzi e dalla nuova Dirigenza che come unico interesse ha quello di " pararsi il sedere " come si dice a Roma. E i due ministri citati nell'articolo di Grassucci hanno contribuito fortemente a distruggere la "vera" buona scuola stabilendo per contratto chi era bravo e chi no. Fregandosene che almeno fino a poco tempo fa, nonostante il rapporto dell’Ocse PISA ci dia in fondo alle classifiche ( così come la fondazione Agnelli ), i nostri studenti erano ricercati dagli altri Paesi del mondo per la loro cultura e conoscenze. Ora gli stanno impedendo anche questo e... quindi che futuro potranno avere questi ragazzi se non avranno almeno questo che li differenzia ? Nuovi schiavi da  pagare 800 euro al mese senza alcuna garanzia. Ma qui il discorso si fa più ampio e mi piacerebbe qualche volta parlarne...

Gianmario Veneziano, prof di Torino:

13 settembre, in quasi tutta Italia si ricomincia la scuola, e, questa è la notizia forte, in presenza. Dopo due anni faticosissimi di DAD, finalmente si torna nelle aule,e, per così dire, a guardarsi in faccia, mascherina permettendo. Se la DAD aveva anche un carattere sperimentale per verificare la possibilità di una scuola sempre più digitale, si deve dire che l’esperimento è per ora fallito. I test INVALSI hanno certificato che la qualità dell’apprendimento, nelle discipline fondamentali, si è ulteriormente indebolita, senza la quotidiana pratica di scrittura, di calcolo e di lettura, e senza prove credibili di accertamento delle cose imparate.

È certo, però, che, aldilà dei test INVALSI, sulla credibilità dei quali i dubbi non si sono mai sopiti, il danno didattico, sociale, relazionale e morale è stato enorme. La solitudine causata dalla didattica digitale in remoto è poi diventata un isolamento un po’ autistico. Tra le due, scrive Borgna nel suo ultimo libro, “ In dialogo con la solitudine”, c’è la differenza che passa tra il silenzio e il mutismo: e l’isolamento è via che conduce alla depressione (ormai nella scuola gli psicologi abbondano, ogni disagio è diventato patologico).

Si apre quindi un periodo difficile, ma potenzialmente fecondo, perché accanto al recupero delle nozioni fatalmente impoverite, si apre lo spazio per recuperare la dimensione del dialogo, del guardarsi, persino del polemizzare, tutte dimensioni che si sono rarefatte, fino quasi a scomparire, nei due anni diDAD. Gli insegnanti, negli ultimi mesi, hanno fatto la loro parte, reinventandosi una nuova didattica, e poi sostanzialmente vaccinandosi nella quasi totalità dei casi. E anche gli studenti non si stanno sottraendo alla responsabilità di vaccinarsi. Speriamo che le procedure pensate dal governo funzionino, così da scongiurare una crescita dei contagi, e che la DAD non sopravviva sotto forma di spada di Damocle. Se dopo qualche mese si dovesse mai tornare alla pratica degli ultimi due anni, l’effetto sul morale sarebbe terribile. Per quel che mi riguarda, dopo decenni di insegnamento, ho ancora molta voglia di incontrare i miei giovani allievi, per aiutarli, attraverso la cultura, a conoscere di più se stessi e così essere il più felici possibile.

In conclusione, la scuola in presenza è un obiettivo politico, anche uno slogan propagandistico, ma soprattutto una necessità: quella di riparare a un pesante danno generazionale.

MT, insegnante di Storia e Filosofia al Liceo Classico:

La scuola ricomincia. E’ un’ovvietà. Ma proviamo a pensare perché ciò è ovvio. Perché? La scuola non è ovvia. Già negli anni’70 Ivan Illich ci aveva messo in guardia dalle istituzioni che, raggiunta una certa soglia di dimensioni e di intensità, stavano diventando controproducenti e dannose, generando più problemi di quanti ne risolvessero. Ora che il volume esorbitante di auto circolanti imbottiglia gli abitanti di tutto il pianeta in paurosi ingorghi, capiamo che cosa voleva dire Illich. Che applicava questa analisi anche alla scuola. L’eccesso di crescita istituzionale e tecnica appanna le capacità delle persone di comunicare, di creare, di sorprendere e sorprendersi. Se la lingua che usiamo esprime il nostro mondo, la lingua della scuola, fatta di acronimi, termini inglesi usati malamente e pronunciati ancora peggio, finti tecnicismi in burocratese, adombra un mondo che fa paura, dominato da professionisti (spesso poco professionali), bloccato dalla burocrazia e privo di dialoghi non predefiniti. Il criterio del progresso sociale, ci ha detto Illich, è l’espansione della libertà, non la crescita dei servizi. La scuola ricomincia. Grazie a Dio ricomincia. Ma non scordiamoci di chiederci perché.