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Parla De Bortoli: “Milano, colpita e smarrita, ha la forza per rinascere”

Parla De Bortoli: “Milano, colpita e smarrita, ha la forza per rinascere”

10 Giugno 2021- L'Intervista di Alessandro Banfi a Ferruccio De Bortoli

 

È stato per due volte direttore del Corriere della Sera, dove ancora scrive come editorialista. Ha diretto anche Il Sole 24 Ore, ma soprattutto è un milanese molto autorevole e che ama la sua città. Stiamo parlando di Ferruccio De Bortoli, 68 anni, attualmente presidente della Vidas, grande realtà del terzo settore per l’aiuto e l’assistenza ai malati. 10alle5 Quotidiana lo ha incontrato per ragionare con lui delle prospettive di Milano. Una capitale morale che sembra ancora segnata dall’incertezza dopo la calamità della pandemia. Non solo sul piano politico. Ma anche su quello della visione, del dibattito culturale, del modello di sviluppo per il futuro.

Partirei da questo: come vede Milano, in questa fase di ripresa? Ci sono le elezioni amministrative in vista, ma il tema Milano, il tema del suo modello di sviluppo non è granché trattato, perché?

Ferruccio De Bortoli: Milano è stata colpita più duramente di altre città, e soprattutto nel suo amor proprio, nella sua auto rappresentazione. Deve ancora riprendersi dalla caduta dalla vetta. Si sentiva prima della classe in Italia, e giustamente, e si è sentita perduta. Ora deve ritrovare quello spirito, del secondo dopoguerra, alla Greppi (Antonio Greppi fu il primo sindaco di Milano dopo la Liberazione del 1945, socialista ndr). La ricostruzione anche questa volta riguarda tutti, non solo la classe dirigente. La mia impressione è che questa fase di ripresa non sia ancora partita. Milano non si è ripresa, siamo ancora in un lockdown psicologico. Le categorie produttive più colpite stanno reagendo molto bene ma quello che manca è la società civile, le istituzioni culturali e politiche.

Quando cita Greppi pensa ad una rinascita nel segno dell’unità civica…

De Bortoli: Il risorgere di Milano ai tempi di Greppi aveva una sua continuità civica con i momenti migliori del solidarismo, della mutualità, della cooperativa non solo socialista ma anche cattolica. E le diverse istituzioni culturali come l’Ambrosianeum, il Circolo Puecher, la Casa della Cultura, il Piccolo e la Scala avevano la forza di dire la loro nella polifonia del concerto per la ripresa della città. Oggi ognuno pensa un po’ troppo a sé stesso. La sintesi dobbiamo farla. Anche a livello politico. Il fatto che il centro destra non abbia ancora oggi espresso una possibile candidatura la dice molto lunga. Quanto a Sala, sta cercando di rendersi più autonomo ma dà ancora l’impressione di essere legato ad un ciclo concluso: la città della pandemia è molto diversa da quella dell’Expo. È curioso che nella città con una delle più grandi tradizioni di efficienza amministrativa, e con un ottimo passato di collaborazione fra pubblico e privato si fatichi a trovare una sintesi. Milano è un po’ afona, un po’ colpita e un po’ smarrita.

Che energie ha visto nel terzo settore durante la pandemia?

De Bortoli: Il terzo settore non si è mai fermato. C’è stata una solidarietà meneghina molto forte. La nostra tradizione è stata rispettata. Dalla solidarietà fra i milanesi per combattere le malattie sono nati Ospedali e istituzioni civiche. Agostino Bertani, milanese, alla fine dell’Ottocento, fu l’autore del primo Codice d’igiene, sotto il governo Crispi. Milano è stata governata da quindici medici. Ed ha sempre creato istituzioni sociali di grande visione: dall’Istituto dei Ciechi all’Asilo Mariuccia. Il tessuto di volontariato, laico e cattolico, ha retto, indipendentemente dalle istituzioni, nei quartieri. Posso testimoniare che Milano è stata molto generosa nell’aiutare le persone più colpite dalla pandemia. Mi aspetto che dalla prossima campagna elettorale per le Comunali si valorizzi questo capitale sociale.

Parliamo di editoria e giornalismo. Ogni tanto il suo nome viene fatto anche per la nuova Rai. Milano si merita un nuovo investimento dell’azienda pubblica radio televisiva?

De Bortoli: Personalmente non ho alcuna intenzione di cambiare la mia condizione attuale, sto bene così. Sul tema posso dire che Milano è per fortuna ancora la capitale dell’editoria, un grande centro di produzione di contenuti. Ed è anche stata la culla e d è ancora la sede principale di un polo televisivo commerciale come Mediaset. Trovo giusto che la Rai non la trascuri, senza quote di campanilismi. Si guardi alle eccellenze e alle professionalità e si investa per il bene dell’azienda. Non di questa o quella città.

A proposito di giornali, Quotidiana del gruppo MilanoCard sta rivitalizzando e reinventando il mondo delle edicole, sparse nelle varie città, offrendo non solo giornali ma bene e servizi sul territorio. Come vede questo tentativo?

De Bortoli: Le edicole sono rimaste aperte anche durante la pandemia. Sono state considerate un servizio essenziale per i cittadini. Se ci pensiamo, sono presidi civici di cultura e informazione, ma anche di identità nei quartieri delle nostre città. Mi si lasci avanzare il paragone, che non vuole essere irrispettoso: sono come le chiese. Dunque immaginare di offrire servizi anche di altra qualità vuol dire sviluppare la loro funzione sociale. Impedire che vengano travolte dalla trasformazione urbanistica. Se muore un’edicola non rinasce più, viene meno un momento di integrazione e insieme di identità. Laddove le edicole, cambiando pelle, riescano invece a sopravvivere, sarà garantita una qualità di presenza capillare sul territorio davvero preziosa per tutti.

 

A cura di Alessandro Banfi