Parla Pregliasco: “La vera campagna vaccinale parte ora. Non sono convinto della legge sui No Vax”
01 Aprile 2021- L'Intervista di Alessandro Banfi a Fabrizio Pregliasco
Ieri il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario anti Covid e il Capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio sono stati in due HUB vaccinali della Lombardia: quello di Milano Fiere e quello di Malpensa. Una visita non solo simbolica, in occasione della nuova piattaforma elettronica per le prenotazioni, che sarà fornita da Poste italiane e che entrerà in funzione fra 48 ore: da Sabato 3 aprile. In Lombardia si gioca una partita importantissima. Il successo della campagna vaccinale in tutta Italia dipende molto da come andrà in questa regione. La pandemia qui ha colpito duro e sono state tante le polemiche sulla sua inefficienza. Cerchiamo di fare il punto sulla situazione con Fabrizio Pregliasco, virologo, ricercatore all’Università degli studi di Milano e Direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi. Pregliasco è noto al grande pubblico, soprattutto televisivo, perché si è sempre occupato di vaccini anti influenzali negli ultimi anni, ed è stato spesso interpellato sulla pandemia da Covid 19. Pregliasco è anche attivo nel Terzo Settore: è infatti Presidente di Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze) e Direttore Scientifico della Fondazione Sacra Famiglia Onlus di Cesano Boscone.
Nella guerra contro il virus, la battaglia della Lombardia rischia di essere quella decisiva. Nonostante tutte le polemiche. Lei, operando sul campo, che idea si è fatto?
Fabrizio Pregliasco: La Lombardia è stata oggetto di un vero assalto mediatico, prima nella fase dell’emergenza e ora di nuovo sulla vaccinazione. Di fatto siamo in una guerra, una guerra che si combatte con le munizioni e le forze che abbiamo. Diciamoci la verità: finora queste munizioni hanno scarseggiato per un problema mondiale, geo politico. Certamente la Lombardia ha sofferto criticità, come nella vicenda delle prenotazioni elettroniche. Ma dobbiamo trovare lo spirito giusto per combattere uniti e insieme. Ogni tanto la rappresentazione delle varie classifiche delle Regioni italiane, divise fra buone e cattive, è veramente disturbante. “Tu hai fatto due per cento in più e tu quattro per cento in meno…”. Fra l’altro sono numeri anche poco significativi da paragonare, essendo all’inizio di questa campagna vaccinale. E poi i confronti sono talvolta animati da un pregiudizio odioso, spesso politico. Ora le cose si stanno mettendo a posto: dovremmo avere più scorte, la volontà di vaccinare in fretta e bene c’è. Mi sembra che la nostra regione si stia mettendo al passo. Le prossime tre settimane sono cruciali.
Gli inglesi sono andati molto meglio di noi…
Pregliasco: È chiaro che il confronto con le altre Nazioni è impietoso. Ci sono Paesi che sono riusciti ad acquistare, magari comprandoli profumatamente come Israele, vaccini sul mercato. E Paesi che per ragioni anche geo politiche si sono fatte il loro vaccino. Dalla Gran Bretagna alla Russia. È chiaro che ora sono più avanti di noi. Ma Israele come popolazione, ricordiamocelo, è sullo stesso livello della Lombardia. Altre dimensioni, altre quantità da gestire…
In Lombardia che cosa potrebbe migliorare in termini di organizzazione sanitaria?
Pregliasco: L’ingresso del portale fornito da Poste Italiane dovrebbe rendere più efficiente la prenotazione. Speriamo che siano razionalizzati e ottimizzati gli spostamenti sul territorio delle persone che devono essere vaccinate.
Perché sono importanti i 70 enni adesso?
Pregliasco: Perché sono gli anziani coloro che sono più esposti ad un esito letale della malattia. In percentuale i decessi sono quasi tutti sopra i 60 anni, almeno nelle persone sane, che non hanno altre patologie. Dunque è importante aggredire gli over 80 e poi gli over 70. Giustamente nella prima fase, ieri è finito il primo trimestre di vaccinazioni, era indispensabile proteggere anche quelle persone che scelgono un ruolo essenziale nell’emergenza. Gli operatori sanitari innanzitutto ma anche le forze dell’ordine, e poi gli insegnanti… è stata una scelta corretta, adesso concentriamoci solo sulle fasce d’età a rischio, evitiamo dispersioni e furbetti e acceleriamo.
Dal punto di vista epidemiologico, a che punto siamo con la curva dei contagi?
Pregliasco: Siamo su un plateau per quanto riguarda i contagi. Potremmo essere alla vigilia della discesa del numero dei nuovi casi. Ma soffriamo ancora, e direi in modo significativo, sui ricoveri e sugli ingressi nelle terapie intensive. Sappiamo che ci vuole tempo per vedere flettere la curva e purtroppo il numero dei decessi è sempre l’ultimo dato a diminuire. La situazione dell’epidemia è migliorata ma la pressione sugli ospedali è troppo elevata per poterci permettere maggiore libertà negli spostamenti. È corretto legare il nostro futuro alla capacità di vaccinazione. Se si vaccina, si può riaprire.
Dal prossimo giovedì, il 7 aprile, si torna a scuola in presenza dagli asili fino alla prima media compresa.
Pregliasco: La scuola in presenza rappresenta un rischio, dobbiamo dircelo. È un rischio che si è deciso di correre per l’utilità sociale e per l’importanza piscologica ed educativa della scuola per i giovani e giovanissimi. Ho colleghi in ospedale, magari marito e moglie tutti e due medici, sotto pressione sul lavoro e non sanno come gestire i figli piccoli a casa… Però il rischio di favorire il contagio c’è. Non è magari nella scuola come tale, perché ci sono misure di sicurezza ben fatte. Ma ad esempio già gli spostamenti rappresentano un’occasione di diffusione del virus. Non a caso la seconda ondata lo scorso ottobre si è generata, dopo la piena riapertura della scuola. Certo i più piccoli dovrebbero essere i meno colpiti dalla malattia e anche il loro eventuale ruolo di diffusori del virus è più limitato, rispetto agli adolescenti e ai diciottenni.
Il Governo ha deciso delle regole per gli operatori sanitari: chi sceglie di non vaccinarsi deve avere altre mansioni, non potrà stare in corsia…
Pregliasco: Non lo so… mi sembra sempre difficile risolvere con una legge. Fino a tre mesi fa lavoravamo tutti senza essere vaccinati, perché il vaccino non c’era. Gli operatori che non accettano di vaccinarsi dovrebbero aumentare le protezioni, i dispositivi, le distanze… non riesco a capire perché l’ospedale debba essere considerato responsabile se loro non vogliono vaccinarsi. Chi non si vaccina deve comportarsi in modo responsabile: se fai questa scelta, devi essere irreprensibile nei comportamenti in corsia e a casa. Metti a rischio la tua salute e quella degli altri. Ma non so se l’obbligo è la strada giusta.