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Intervista a Stefano Zuffi – L’anno di Leonardo, un’occasione mancata

Intervista a Stefano Zuffi - L'anno di Leonardo, un'occasione mancata

10alle5 Quotidiano ospita l'opinione di Stefano Zuffi

Stefano Zuffi è un importante e noto storico dell’arte italiano, autore di numerosi volumi di divulgazione culturale di ambito storico-artistico. Collabora inoltre con riviste d’arte e di cultura, con rubriche radiofoniche e per la sceneggiatura di molti documentari. Per vari editori (Electa, Mondadori, Rusconi, Longanesi, Rizzoli) ha pubblicato circa 100 libri, diversi dei quali coeditati e tradotti in varie lingue. Negli ultimi anni si è dedicato attivamente all'organizzazione di mostre di arte antica e moderna in diverse città come Milano, Genova, Verona, Torino, Pisa. E' Consigliere dell’Associazione Amici di Brera e anche vice presidente dell’Associazione Amici del Museo Poldi Pezzoli. Con questa intervista, in qualità di autorità nel mondo della storia dell’arte, ci rivolgiamo al Dottor Zuffi per avere un suo parere sulla proposta culturale attiva oggi a Milano.

 

Milano viene ormai assurta a modello per quasi ogni cosa. L'offerta culturale che esprime può essere un modello a cui altre città dovrebbero guardare?  

La svolta è stata certamente Expo 2015: non solo per l’afflusso di visitatori e turisti, ma anche e soprattutto per una nuova consapevolezza da parte dei milanesi. Il coinvolgimento dei residenti è un fattore determinante. L’indicatore della “offerta culturale” (in particolare per quanto riguarda musei, mostre e teatri) è entrato stabilmente nelle valutazioni dell’attrattività di Milano, ed è stato messo in relazione con altre città-campione europee: inizialmente si pensava a benchmark come Lione, Barcellona, Monaco di Baviera (vale a dire città paragonabili a Milano per dimensione demografica e per il fatto di non essere capitali dei rispettivi stati), ma presto si è registrato che l’offerta culturale di Milano è semmai paragonabile a quella di Berlino, Madrid o Parigi. Può sembrare banale, ma per quel che riguarda mostre e musei Milano offre un buon esempio di collaborazione tra le istituzioni pubbliche (lo Stato, la municipalità, ma anche in parte la Regione) e i privati. Indispensabili, questi ultimi, per l’arte contemporanea, come dimostra l’attività della Fondazione Prada.

 

Quali sono le realtà o le offerte culturali che su Milano sono riuscite a creare comunità e non solo divulgazione del sapere? 

Ho citato la Fondazione Prada, potrei aggiungere le Gallerie d’Italia: ormai c’è un fiduciosa aspettativa verso le proposte e le mostre di questi due musei. Ma il tema della “community” intorno all’arte è molto radicato: penso ad associazioni storiche, con lunghi decenni di attività, come gli Amici di Brera e gli Amici del museo Poldi Pezzoli, e che continuano ad affiancare in modo affettuoso e concreto l’attività dei musei. D’altra parte, a Milano è nato il Touring Club Italiano, che per quasi tutto il XX secolo è stato una vera “comunità”, e che non è stato completamente sostituito dal FAI. In generale, poi, credo che la mostra “natalizia” a Palazzo Marino sia diventata un appuntamento fisso, una tradizione per molti milanesi, che sono disposti a lunghe file al freddo per vedere un solo quadro!

 

Lei è uno storico dell’arte ed è stato anche autore di molti volumi a carattere divulgativo. Pensa che, ad oggi, la proposta culturale offerta a Milano, tramite mostre ed eventi, sia coerente con le esigenze del pubblico?

L’offerta è chiaramente orientata a intercettare i gusti e le aspettative del pubblico. Non sempre ci si riesce, ovvio: ma le mostre sono per lo più organizzate da società che devono rientrare dai costi sostenuti, gli aspetti di ricerca o di studio sono obiettivamente secondari; e si rischia di cadere in formule ormai un po’ logore (vedi il ripetersi di mostre “da… a…”, sempre con gli stessi nomi) oppure di dover ricorrere sempre al richiamo dei “soliti” nomi. La peculiarità delle mostre italiane (non solo a Milano) è quella di NON essere organizzate all’interno dei musei, ma con il concetto della Kunsthalle, presso luoghi senza collezioni. Questo impedisce o rende molto difficile il tema della mutualità e della reciprocità tra musei internazionali.

 

In che modo, secondo lei, si potrebbe coinvolgere maggiormente il pubblico, suscitando più interesse nei confronti del patrimonio artistico culturale Italiano e di Milano, in particolar modo?

Il successo delle giornate in cui l’ingresso è gratuito spinge a pensare che sia necessario rinnovare periodicamente il “richiamo” dei musei: non è solo una questione di biglietto o di costo, ma proprio di comunicazione, di occasione, di “recall”. A parte i musei, vale la pena di insistere anche sul patrimonio architettonico e artistico della città (chiese, palazzi, vie storiche), probabilmente ancora sottovalutato o comunque poco conosciuto. Ma siamo sulla buona strada.

 

La questione delle periferie è un argomento sempre molto discusso, ma ci chiediamo se effettivamente sia stato approntato un piano concreto che preveda il coinvolgimento diretto di queste realtà nell’offerta culturale della città. Lei cosa ne pensa?

Qualcosa è stato fatto, ma è ancora poco. Indubbiamente anche Milano (per la sua stessa “forma Urbis”) è una città centripeta: non è solo una questione di periferie, basti dire che se una mostra NON è a Palazzo Reale viene subito considerata “fuori mano”… In realtà, esistono importanti luoghi non in pieno centro (Mudec, Fondazione Prada, Hangar Bicocca e altri ancora), ma al di là delle iniziative organizzate al loro interno mi pare che stentino a creare una realtà circostante, tendono a rimanere isolati. L’esempio della proiezione della “Prima” della Scala in quartieri esterni potrebbe essere un buon punto di partenza per iniziative analoghe anche in altri settori.

 

Siamo quasi al termine di un anno molto importante che ha avuto Leonardo Da Vinci come principale protagonista. Ritiene che tutte le iniziative proposte a Milano, per le celebrazioni del 500esimo anniversario della morte del celebre artista, siano state sufficienti e coerenti con l’importanza della ricorrenza?

No. Mi dispiace, ma credo sinceramente che l’anno di Leonardo sia stata un’occasione mancata. Il cosiddetto palinsesto è stato da un lato troppo ricco (anche con appuntamenti puntiformi che con Leonardo hanno avuto ben poco a che vedere) e dall’altro confuso, senza un forte direzione unitaria, e soprattutto senza una vera iniziativa di riferimento. Si è detto che a leonardo è stata dedicata una grande mostra nel non lontano 2015, ed è vero; ma che il quinto centenario cadesse nel 2019 si sapeva … da mezzo millennio, e invece ci ha colti impreparati. Forse il meglio arriverà nel finale, con la mostra del Poldi pezzoli intorno alla Madonna Litta: ma Milano si è lasciata sfuggire l’occasione di proporsi al mondo come la “città di Leonardo”, valorizzando quanto resta dell’attività e dell’eredità del maestro.

 

Proprio durante quest’anno di celebrazioni, un avvenimento di grande risonanza è stata la riapertura della Sala delle Asse. Molte segnalazioni, però, sono arrivate in merito agli orari di chiusura delle visite, previste entro e non oltre le 16:30. Ritiene che questi orari ridotti, anche durante i weekend, siano coerenti con le esigenze dei clienti/visitatori del 2019?

Come sopra, sono davvero dispiaciuto, ma soprattutto il Castello (uno dei pochissimi luoghi al mondo dove si può ancora percepire la “presenza” fisica di Leonardo) ha solo parzialmente colto l’occasione del centenario leonardesco. So bene che la apertura della Sala delle Asse ha avuto moltissimi visitatori, ma a me l’operazione è piaciuta pochissimo: prima di tutto si crea un “tappo” nella visita del museo, poi nella sala delle Asse si assiste sostanzialmente a una proiezione sul muro e sulla volta, e non si ha nemmeno il tempo di vedere il “vero” monocromo di Leonardo; il successivo filmato con l’ologramma di Leonardo è molto modesto, e parlando di Milano non cita nemmeno la presenza del Musico e del Codice Atlantico… mah…

A parte tutto, il tema dell’orario è nodale: meritevole è l’iniziativa degli Amici del Poldi Pezzoli, che finanziano l’apertura prolungata del museo ogni sabato fino alle 21. Un esperimento molto interessante, da valutare nelle prossime settimane.