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MuseoCity, il Grande Bluff. Il giallo delle presenze

I musei sono stati solo utili comparse in un progetto auto-referenziale di pochi soggetti ?

by Bruce Wayne

E’ appena terminata la seconda edizione di MuseoCity, la tre giorni dedicata alla celebrazione dei musei e dell’offerta culturale della città.

Partiamo dalla premessa che l’idea di festeggiare e promuovere la cultura a Milano è perfetta e necessaria soprattutto se consente di fare rete tra le varie realtà culturali, le quali soffrono di nanismo frutto, spesso, dell’egocentrismo. Quindi ben venga una iniziativa che permetta di fare network tra i vari musei. Siamo però sicuri che questo risultato sia stato ottenuto, oppure i Musei sono stati solo utili comparse in un progetto auto-referenziale di pochi soggetti ?

Al termine dell’evento sono usciti i dati che parlano di 60.000 partecipanti alle iniziative dedicate a MuseoCity nei vari musei aderenti. Il dato sarebbe davvero sorprendente ma da quelli in nostro possesso pare quanto meno ardito. Dai dati a cui abbiamo avuto accesso infatti, le singole iniziative dedicate a MuseoCity – attenzione quindi, non i normali accessi ai musei, soprattutto considerando che l’evento si è tenuto durante la Domenica gratuita – parlano di numeri molto diversi, di iniziative saltate a causa del maltempo, di visite e laboratori a cui hanno partecipato poche decine di persone, 45 persone al Monumentale, una media di 166 a Casa Boschi di Stefano, 135 allo Studio Messina, poco più di 80 alla casa della Memoria, annullati i tour delle periferie con Maua, 30 persone al MuBa. Insomma numeri che ci appaiono molto distanti dai 60.000 dichiarati salvo che per raggiungere questo dato non siano stati aggiunti i “normali” visitatori dei musei ossia quelli che si sono recati ai Musei a prescindere dalle iniziative di MuseoCity e magari sulla spinta della Domenica gratuita al Museo.

Non vogliamo essere i soliti pignoli ma crediamo che sia dannoso per la città un racconto fantasioso della realtà, racconto che non aiuta le varie realtà culturali, soprattutto quelle piccole, a strutturare progetti di crescita poiché un Museo che ha avuto poco più di 60 visitatori in tre giorni se legge che il tutto è stato un successo nella migliore delle ipotesi si demoralizza, nella peggiore crede di aver raggiunto già il massimo.

L’insieme di tutti i musei milanesi registra in un anno pochi più visitatori della sola Reggia di Venaria Reale a Venaria (provincia di Torino, non centro città, non centro di una metropoli, non dichiarata seconda meta turistica in Italia) eppure ognuno continua ad andare ancora per la propria strada, veri network che abbiano messo a fattore comune know-how e investimenti non sono mai sorti.

Lo sviluppo della cultura a Milano ha bisogno di un progetto condiviso che porti le varie realtà a fare rete davvero e non a trovarsi palinsesti pre-confezionati e probabilmente un po’ auto-referenziali, coordinati inoltre da strutture comunali spesso inadeguate con personale che in larga misura non ha capacità manageriali, gestionali e progettuali al passo con i tempi. Per fare questo crediamo bisogna partire anzitutto dal racconto reale, vi immaginate una strategia seria per lo sviluppo basata su dati fantasiosi ? Sembra che ci sia sempre l’ansia di un racconto finale, di un punto di arrivo e non invece la forza e capacità di un racconto in divenire.

La mancanza di condivisione potrebbe portare Milano ad un nuovo declino, vi ricordare i tempi in cui i “grandi progetti” uscivano già confezionati da inaccessibili stanze ? Poi è arrivata la rivoluzione arancione e con essa il tempo dei Tavoli Programmatici una sorta di speaker’s corner dove tutti potevano esprimere la loro opinione e proposta per lo sviluppo della città, gestiti e coordinati da persone competenti che parlavano il linguaggio del tempo moderno affiancati da persone di grande esperienza (a presiedere i Tavoli c’era Bruno Ermolli). Da li è scaturito il successo di Expo e della Milano di oggi. A quale modello vogliamo tendere ?

I momenti più pericolosi sono quelli in cui raggiungiamo l’apice del successo e tendiamo a dimenticarci come ci siamo arrivati e soprattutto da dove siamo partiti. Oggi crediamo vi sia ancora bisogno di una vasta e larga partecipazione non solo di fatto (si chiamerebbe comparsata) ma anche di pensiero per una progettualità condivisa. L’alternativa crediamo potrebbe portare Milano ad un nuovo periodo buio. Da dover partire ? Forse dall’incorporazione delle deleghe al Turismo nell’assessorato alla Cultura. Ne riparliamo.