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Smart Working. La chiave di volta per il lavoro di Domani?

L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando ha trasformato il concetto di smart working da privilegio a pratica obbligatoria. Andiamo dunque a definire questa particolare variante del lavoro subordinato, dando alcuni dati interessanti, del passato e attuali, per fare una stima dell’impatto e dell’importanza che il lavoro agile avrà nel periodo post-covid. Lo smart working è lo strumento atto ad “incrementare la competitività” e ad “agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” che si realizza mediante “accordo tra le parti”. Un modello organizzativo, dunque, che presuppone il ripensamento intelligente delle modalità di svolgimento delle attività lavorative e richiede un profondo cambiamento culturale.

Covid-19, aspetti negativi a parte, ha innescato questo sconvolgimento culturale, una variazione necessaria in questo momento di crisi, ma che forse ha posto le basi perché il lavoro agile diventi una regola e non l’eccezione. I risultati dell’Osservatiorio Smart Working del Politecnico di Milano hanno dimostrato come già nel 2019, rispetto al 2018, abbiamo assistito a un aumento dell’attuazione di progetti di smart working in moltissime PMI d’Italia (dall’8% al 12%), ma anche nella Pubblica Amministrazione (dal 16% al 18%). L’emergenza poi, laddove possibile, ha concretizzato un’impennata di queste percentuali, facendo del lavoro agile una pratica ormai diffusissima in Italia. Come rileva l’indagine “Infojobs Smart Working 2020” – realizzata a marzo 2020 su un campione di 189 aziende e 1149 candidati – il 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il lavoro da remoto, inoltre per poco più della metà delle aziende che hanno che hanno attivato lo Smart Working (56%) questo è stato il primo test in assoluto. Il 64,5% delle aziende ha dichiarato che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione, senza registrare pesanti contraccolpi sulla produttività (39%). Guardando ai lavoratori, il 79% ha dichiarato di averlo adottato per la prima volta, mentre per il 14,5% sono solo cambiate le modalità di fruizione e per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto a prima. Il 38% del campione intervistato si è dichiarato fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% sta apprezzando il fatto di avere a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima. Solo il 7% ha detto di essere meno produttivo (in questo caso la principale causa sono gli impegni familiari da gestire in contemporanea): nel caso di donne con figli a casa la percentuale sale al 33%.

Insomma, questi dati fanno pensare ad una dilagante soddisfazione nei confronti dello smart working- Certo l’epidemia ha colto impreparate molte aziende, dunque sicuramente si prevede la necessità di una maggiore e migliore programmazione per rendere più agile il lavoro da casa e migliorare le percentuali in termini di produttività e soddisfazione. Questo ci porta a considerare che il lavoro agile possa diventare una prassi consolidata e apprezzata in futuro e già le prime avvisaglie iniziano ad emergere. Sogeea, azienda che opera nel settore del real estate, ha infatti detto addio a tutti gli uffici aziendali in Italia e in Albania. Dopo aver stimato del 20% il miglioramento, in termini di prestazioni delle proprie risorse umane, Sogeea ha deciso di impiegare i propri dipendenti e collaboratori solo in smart working grazie ad Alex, il nuovo sistema digitale ideato dall’azienda che ricrea in qualsiasi posto l’ambiente ufficio.